I punti di forza per gestire e pilotare gli appalti pubblici da parte di Antonio Di Carlo erano le tangenti ai funzionari pubblici, ma soprattutto le ditte amiche grazie alle quali vinceva gli appalti. L’imprenditore di Lucera, in carcere dal 7 novembre per corruzione e turbativa d’asta, aveva creato un sistema specifico per manovrare il gioco, come è raccontato nelle carte dell’inchiesta della Procura che ha portato ai domiciliari Carmelisa Di Carlo e il dipendente del Coni, Sergio Schiavone. Una inchiesta che ha portato all’interdizione dai pubblici uffici dell’ex direttore dell’Asset, Elio Sannicandro. Quest’ultimo avrebbe ricevuto da Di Carlo una tangente da 60mila euro, data in più tranche, per la sua posizione di commissario per il dissesto idrogeologico.
L’imprenditore di Lucera, secondo le indagini, una volta individuate le ditte amiche, inviava i nominatici agli Uffici tecnici dei Comuni o delle Regioni alle quali inviava lettere di invito a procedure di affidamento diretto per la manutenzione del demanio idrico. Una volta invitate le concorrenti, come si legge su Repubblica, alcune si ritiravano e altre presentavano offerte al ribasso meno favorevoli rispetto a quelle presentate da Di Carlo, che alla fine risultava vincitore. In altri casi, in Comuni dove Di Carlo aveva già ottenuto un lavoro, faceva vincere imprenditori a lui vicini che lo ripagavano con una tangente per il favore.