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Tragedia a Trani, morte mamma e figlia incinta. La lettera toccante della soccorritrice 118: “Non ci si abitua mai”

7 Aprile 2025
– Autore: Raffaele Caruso
7 Aprile 2025
– Autore: Raffaele Caruso

“Venerdì sera ho scattato questa foto un secondo prima di scendere dall’ambulanza. Un momento sospeso, quello in cui il cuore accelera i suoi battiti e la mente si prepara. Era da poco arrivata la chiamata: incidente frontale, tra Andria e Bisceglie, più feriti coinvolti, Codice Rosso. Non ci si abitua mai”.

Inizia così la lettera toccante di una soccorritrice del 118 in servizio la sera del tragico incidente sull’Andria-Bisceglie. A perdere la vita madre e figlia, di 63 e 32 anni; quest’ultima era incinta. Secondo quanto emerso finora, l’auto a bordo della quale viaggiavano si sarebbe scontrata con una utilitaria per poi finire nelle campagne adiacenti, ribaltata. La 62enne e la 32enne sono state soccorse dal personale del 118 e trasportate in ospedale. In auto con loro c’era anche il marito e padre delle donne, che ora è ricoverato con una frattura al femore. La 32enne Margherita Di Liddo è arrivata morta in ospedale ad Andria dove hanno tentato di salvare il feto ma non c’è stato nulla da fare. Sua madre, Rosa Mastrototaro, è stata trasportata all’ospedale di Barletta ma è morta in pronto soccorso.

“Il tragitto dalla postazione al luogo dell’incidente è un tempo strano, di tensione, quasi irreale. Si viaggia con le sirene spiegate, ma dentro ognuno di noi, il silenzio è assordante. Nessuno parla. C’è uno stato di ansia, di attesa infinita. Si ripassano mentalmente i protocolli, pur conoscendoli a memoria. È un modo per sentirsi pronti al peggio, anche se dentro non lo si è mai del tutto – continua -. Ogni incidente è diverso, ogni scenario può essere il peggiore. Non sai mai cosa troverai realmente. E questa tensione ti accompagna, battito dopo battito, curva dopo curva. Ogni volta che si arriva su un luogo così, è come se il tempo rallentasse. Un silenzio irreale, rotto solo dalle urla o dalla corsa dei passi. E poi i nostri occhi incrociano la realtà: lamiere contorte, corpi feriti, vite appese a un filo. Ieri abbiamo fatto tutto ciò che era umanamente possibile. Quattro ambulanze, quattro équipe del 118 con la stessa speranza: strappare alla morte ognuno dei coinvolti”.

“Ma la vita, a volte, è più crudele di quanto si possa accettare. Sono morte due persone. Una famiglia intera. Una donna, sua figlia incinta al settimo mese… e anche quel bambino, provato a far nascere in extremis, ma che purtroppo non ce l’ha fatta. Immagini che si imprimono dentro noi operatori del 118, come diapositive che si ripetono quando ritorni in postazione o quando il turno finisce, quando torni a casa, quando chiudi gli occhi. Noi operatori del 118 costretti a mantenere il sangue freddo, la lucidità – si legge nella lettera -. Ma non siamo fatti di acciaio. Dopo, quando le sirene si spengono, cala il silenzio e ci restano addosso cicatrici che non si vedono. Restano gli sguardi dei colleghi, quegli occhi che, come i tuoi, hanno visto troppo. E allora ci basta uno sguardo, una pacca sulla spalla, una parola sussurrata, un messaggino, per farci forza. Perché sì, a volte scende una lacrima anche a noi. Siamo umani. Quando viviamo tragedie così grandi, restiamo con l’ansia nel cuore. Anche dopo il trasporto in pronto soccorso, anche dopo aver consegnato nelle mani dei medici, le vite che abbiamo provato a salvare, continuiamo ad aggiornarci, sperando in notizie positive. Perché in fondo, sappiamo che ci porteremo dentro ogni volto, ogni battito, ogni respiro, ogni sguardo di quei pazienti”.

“Questa lettera è per dire grazie ai miei colleghi del 118, a chi ogni giorno scende da un’ambulanza con il cuore in mano. È per dire che dietro ogni divisa c’è una persona che sente, che soffre, che a volte si sente impotente – conclude -. C’è una persona che trattiene le lacrime davanti agli altri, ma che dentro si porta ogni volto, ogni grido, ogni addio. E infine, con profondo rispetto, rivolgo le più sincere condoglianze alle famiglie coinvolte in questa tragedia. Che questa ennesima tragedia stradale non venga dimenticata, ma serva da monito per proteggere, per prevenire, per intervenire su quel tratto di strada, già segnato da troppo dolore. Perché nessun’altra famiglia debba piangere i propri cari”.