“Giacomo Olivieri utilizzò il suo giornale online Il Quotidiano Italiano per orchestrare una vera e propria campagna di stampa contro Francesco Biga, avvocato e suo successore alla guida della Multiservizi. È per questo che l’ex consigliere regionale è stato condannato dalla Corte d’appello di Bari (Terza sezione, presidente Ancona, relatore Chiarelli, a latere Gaeta) a risarcire Biga con 12mila euro, mentre l’allora direttore del sito e la allora società editrice Comunicare dovranno pagare altri 45mila euro di danni. In primo grado la richiesta di risarcimento era stata respinta”.
Questo è il passaggio di un pezzo pubblicato ieri sulle colonne de La Gazzetta del Mezzogiorno. L’allora direttore del sito, così definito dal collega Massimiliano Scagliarini, è proprio Antonio che non ha gradito il trattamento ricevuto nell’ambito di questa storia e quella parallela alla maxi inchiesta della Dda di Bari sulla estorsione ai danni della Banca Popolare di Bari da parte di Giacomo Olivieri che avrebbe minacciato i vertici della società di far pubblicare notizie compromettenti sul Quotidiano Italiano per indurli a non azionare un credito da 1,1 milioni. “L’allora direttore viene ritenuto dalla Dda ‘privo di qualsiasi autonomia nella sua professione’: nei suoi confronti l’Ordine dei giornalisti ha già chiesto di avviare un nuovo procedimento disciplinare”, si legge ancora nel pezzo de La Gazzetta del Mezzogiorno. Antonio non è stato mai interpellato e contattato da nessuno, nonostante sia intervenuto più volte su entrambe le questioni.
Abbiamo percepito una certa soddisfazione nella scrittura di questi articoli. Ora arriviamo alla condanna che arriva in secondo grado dopo l’assoluzione in primo grado. Il procedimento di secondo grado è stato deciso nella Camera di Consiglio riunita 21 Febbraio, 5 giorni prima del blitz che ha portato all’arresto di 135 persone, e notificata alle parti il 25 Marzo. Non viene detto tutto nel pezzo pubblicato e per questo ci teniamo noi a farlo. Inizialmente il presidente Biga aveva chiesto un risarcimento danni di un milione di euro per sé e di 200mila per la Banca di Credito cooperativo della Terra degli Ulivi, di cui era presidente. In un paio di video eravamo andati lì a cercarlo dopo non averlo trovato alla Multiservizi. Quell’inchiesta giornalistica è stata condotta con rigore e con la volontà estrema di farlo, dopo aver letto le carte e aver ascoltato testimonianze. Non certo perché imboccata da Giacomo Olivieri. Questo è il punto di partenza.
Nella sentenza viene contestato al giudice di primo grado di non aver valutato “nel loro complesso i servizi, ponendoli in relazione tra di loro per formarne un quadro complessivo, compiendo una scomposizione atomistica che non fa emergere l’intento perseguito, che non appare quello ritenuto dalla sentenza appellata di scuotere l’opinione pubblica, ma di ingenerare nella stessa il convincimento che i disservizi e le criticità che la società Bari Multiservizi presentava erano da imputare ad un comportamento assenteista del presidente e le poche azioni positive poste in essere lo fossero nonostante lui fosse praticamente introvabile”. I rapporti tra Biga e Olivieri sono sempre stati estranei all’inchiesta condotta da Antonio ai tempi che si domandava dove fosse realmente Biga, visto lo stato di manutenzione della città.
La sentenza di primo grado è stata ribaltata anche in virtù di un altro aspetto. riguardante una inesattezza. In particolare: “Non viene condivisa la considerazione, espressa nella decisione impugnata, che la non veridicità dell’importo percepito che non era di € 5.000,00 mensili ma di gran lunga inferiore (€ 3.450,00 lordi) sia marginale e costituisca una semplice inesattezza. L’indicare uno stipendio di € 5.000,00 mensili, definendolo guadagno e quindi inducendo i più a ritenere che fosse l’importo realmente incassato dal Biga, e che invece, verosimilmente, detratte le ritenute, ne percepiva uno ben inferiore alla metà, contribuiva, scientemente ed in maniera determinante, a farlo considerare da lettori e spettatori ricompreso nella categoria dei percettori di stipendi d’oro”, si legge nelle carte.
Il terzo aspetto invece dovrebbe far preoccupare tutti i giornalisti. “Anche l’utilizzo di espressioni non necessariamente costituenti insulti ma denotanti un esplicito disvalore quali quella ‘il pesce puzza dalla testa’ non sono rispettosi del principio della continenza che deve anch’esso essere rispettato per non incorrere nell’ingiuria. L’utilizzo ripetuto ed ossessivo di espressioni quali ‘assente’, ‘latitante’, unite ad altre dove si evidenzia ‘lauto compenso ma non lo vedono mai’, ‘non c’è mai per 5.000,00 Euri al mese’ sono sicuramente offensive. È ben più che definire ladro chi prende soldi pubblici, e non pochi, senza una ragione”, si legge nella sentenza. Non è contestato tutto l’elenco dei disservizi denunciato ai tempi, così come non è stato contestato il fatto che Biga parcheggiasse l’auto dove volesse, anche in divieto. Questo era il vero senso dell’inchiesta.
Editoriale
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