“Vatti a curare, ricchione”. È la frase contenuta in un biglietto che è stato attaccato sulla porta di casa di un ragazzo di Bitonto. A raccontare l’accaduto è la stessa vittima in un’intervista rilasciata a La Repubblica. “Non è possibile che nel 2023 c’è ancora chi giudica non consente la libertà personale, chi considera l’omosessualità una malattia per farsi curare – racconta -. Mi chiedo perché c’è tanta cattiveria? A volte sembra di vivere con il terrore addosso è non è possibile”.

Il giovane sa chi ha scritto e attaccato quel biglietto sul portone della sua abitazione, situata all’interno di un condominio. “È una persona che sta causando diversi problemi al condominio da tempo. L’ha vista mia sorella dallo spioncino della porta di casa – continua -. Mi è venuto di andare da questa persona, ma ho avuto un blocco. Il mio carattere mi porterebbe ad agire d’istinto, ma poi la rabbia mi ferma. Ho tolto il cartello e lo conservo, potrei procedere con la denuncia. Con mia sorella ho fatto coming out, con i miei genitori ci ho provato in passato ma non l’hanno presa benissimo. Quindi per paura ho detto loro che non sono gay. La mia è una situazione difficile, mi demoralizza. E quanto accaduto con quel biglietto mi ha logorato. Mi veniva da piangere ma non volevo dargliela vinta. Non mi sento però al sicuro, adesso neanche nel luogo dove vivo. Magari per strada sono tranquillo, ma ci può essere sempre lo stupido che fa di questi abusi, anche in maniera sottile. Non ho una legge che mi tutela, qualsiasi cosa possa fare questa persona resterebbe impunita, e magari mi darebbe pure il resto. Ho tanta paura, anche per la mia famiglia che non è consenziente”.